La Villa delle Grotte, perla anche in autunno lungo il cammino della Rada
Immagini di una anticipata e prolungata estate di San Martino dal promontorio delle Grotte
di Antonello Marchese*
In autunno e nel periodo invernale – primaverile – periodi quasi contapposti al momento più arido, se vogliamo, dell’estate – il parco della villa romana delle Grotte presenta degli insospettati aspetti naturalistici oltre a quelli paesaggistici e storici già ben noti. Si potrebbe quasi paragonare oggi il luogo a un grande giardino all’inglese, o paesaggistico, quel tipo di spazio verde dove l’uomo rende omaggio alla Natura adattandosi ad essa senza imporle il proprio ordine: dove la Natura viene lasciata correre libera gli elementi naturali allo stato spontaneo danno il meglio di sé. Soprattutto con il nuovo itinerario più ampio che permettere di scendere al livello delle sostruzioni inferiori, il visitatore entra in contatto con la realtà vegetale più movimentata dalla macchia e dagli arbusti del promontorio occupato dei ruderi della grande villa residenziale romana. Come nei veri giardini all’Inglese sono rispettati i grandi alberi: in questo caso si tratta degli olivi secolari della bella oliveta storica che lambisce il lato sudoccidentale del rilievo, con alcune delle più vecchie piante isolane. E soprattutto, come in quel tipo di giardino creato in Inghilterra nel settecento sotto l’influsso romantico, sono presenti le rovine … elemento caratterizzante di quella particolare forma di conduzione del paesaggio – E che rovine potrei aggiungere, con l’elegante abbinarsi del chiaro del calcare con il verde del serpentino.
Non bisogna dimenticare che la Natura deve aver più volte ricoperto con il suo manto vegetale la collina delle Grotte, anche in maniera piuttosto invadente, contendendosi il territorio con l’uomo, che probabilmente nei secoli successivi all’abbandono avrà anche cercato di trarre qualche vantaggio dall’uso agricolo del suolo. Oggi la zona degli scavi archeologici viene mantenuta libera da vegetazione arborea ed arbustiva per ovvi motivi di percorribilità e di conservazione. Adesso è il prato spontaneo ad occupare il pianoro superiore e i percorsi per la visita del complesso archeologico. Questo viene sfalciato regolarmente, ma con ritmi lenti e tale pratica non impedisce l’insediamento di una grande varietà di essenze erbacee spontanee che a seconda delle stagioni si ammantano delle fioriture stagionali: a fine inverno e inizio della primavera troviamo le margheritine (Bellis perennis), la borragine, la salvia dei prati, la calendula. In autunno ancora la salvia dei prati, il dente di leone, l’alisso odoroso che permane per tutto la stagione con i suoi cuscinetti fioriti di bianco, allargati e profumati.
Pochi anni or sono alcuni arbusti e alberi furono inseriti lungo l’accesso principale ai ruderi, essenze appartenti alle specie tipiche del verde della classicità e del nostro paesaggio: tra essi cipressi, platani, oleandri, olmi che in queste giornate di una dilazionata estate di San Martino si animano con la vita alata della stagione: codirossi spazzacamino, fringuelli, pettirossi, si muovon tra le fronde prodigandosi in concerti che innaggiano alla mitezza di del clima. Nei prato fiorito volano diverse specie di farfalle, sui rosmarini in fiore lavorano instancabili le api, nonostante tutte le angherie che l’uomo moderno, più o meno consapeviolmente riserva per i laboriosi insetti simbolo della nostra isola.
La villa
Anche se conosciuta e descritta da eruditi e viaggiatori sin dal 18° secolo, la villa delle Grotte è stata indagata solo parzialmente dagli scavi della Sovrintendenza. In passato alcuni dei vecchi autori che ci parlano del sito si erano appoggiati addirittura ad una serie di leggende create da tale Celetuso Goto, un falsificatore di notizie storiche che si inventò un gran numero di fandonie. Per spiegare l’origine del nome “Elba” tale Celeteuso la collegò con l’Albania e con una mitica regina di nome Alba, vissuta in un imprecisato periodo dell’antichità e proprietaria proprio alle grotte di una sontuosa residenza.
Tornando alle cose concrete le campagne di scavo, che hanno permesso un esame più approfondito della villa delle Grotte, hanno invece avuto luogo tra il 1960 e il 1972 sotto le cure di Giorgio Monaco e hanno consentito di individuare l’assetto complessivo della villa e il rinvenimento di svariati materiali permettendo una datazione delle struttura. La residenza sarebbe stata in uso dalla fine del I secolo a.C. alla fine del primo secolo dopo Cristo. Recenti indagini, svolte soprattutto presso la villa rustica rinvenuta pochi anni or sono nella piana di San Giovanni indicherebbero la proprietà della Famiglia dei Valeri. La struttura, la più sfarzosa e monumentale sul promontorio, contrapposta alla vecchia “fattoria” del piano, era circondata da un ampio giardino aveva un orientamento finalizzato al godimento del panorama sul mare e sull’antistante penisola, l’odierna Portoferraio, abitata già in epoca romana. L’edificio doveva avere forme architettoniche compatte: la parte situata sul pianoro della collina aveva fini residenziali, mentre le sostruzioni fungevano da ambienti di servizio.
Al centro del complesso erano un giardino e una piscina, circondati da un portico colonnato, delimitato a Nord, all’esterno sul lato che guarda verso Portoferraio, da uno spazio aperto sempre allestito a giardino. La casa era riccamente decorata nel classico stile dell’epoca con affreschi, lastre di terracotta a rilievo, pavimenti a mosaico e marmi. Le mura, tuttora visibili in parte, furono realizzate con il tipico opus reticolatum utilizzando rocce verdi ofiolitiche (serpentino) e calcare locale grigio.
Ville e Giardini: i romani dominavano anche sulla Natura …
La predisposizione turistica dell’Elba non è affatto cosa nuova. Già nel periodo romano c’era chi si recava all’isola giusto per goderne il buon clima e la spettacolarità dei paesaggi. Era stato eliminato il pericolo dei pirati, e i romani erano padroni del Mediterraneo. Come ricordato, quasi tutte le isole dell’Arcipelago Toscano ospitarono allora sontuose ville residenziali collocate in posizioni panoramiche. All’Elba sono state trovate le rovine di ben tre strutture, maestose per dimensioni e per collocazione. Sicuramente i proprietari non si potevano far mancare tutte le comodità e i piaceri di una villa in campagna, e tra questi, la presenza di piscine e giardini ricchi e spettacolari. Il giardino romano è celebrato per eccellenza a Pompei, dove, eliminata la coltre di cenere e lapilli che nel 79 d.C. ha seppellito in pochi attimi la cittadina vesuviana, è stato possibile ricostruire gli scenari, e addirittura con l’esame dei pollini e delle radici carbonizzate, si è potuto risalire ai tipi di vegetazione presente.
Anche da noi, alla Villa delle Grotte, è stata documentat la cura allora riservata al verde e ai fiori. In prossimità dei ruderi, in quello che doveva essere il giardino di accesso al complesso, durante gli scavi sono state rinvenute le Ollae Perforate, quei vasetti con un buco alla base per la coltivazione delle piante da fiore, oppure con un foro centrale e tre laterali per la propagazione delle essenze con il metodo della margotta. I giardini interni alle abitazioni dei romani erano in genere prossimi all’atrium, un cortile a cielo aperto dove si trovava un Hortus Conclusus, in un primo tempo impiegato per la coltivazione di ortaggi e piante aromatiche utili, e successivamente, magari dopo l’arricchimento della famiglia, trasformato in giardino di piacere. Alle Grotte, residenza sfarzosa, lo spazio destinato al verde era diviso in tre settori: l’Hortus centrale attraversato da una piscina e circondato dal colonnato (peristylium), un settore laterale, che corrisponde più o meno all’ampio piazzale di accesso ai ruderi, e un terrazzamento arricchito con ninfeo, sul lato mare della struttura. All’interno di questi spazi si trovavano in maniera ordinata da un disegno ben preciso – ai romani piaceva dominare sulla natura- le essenze classiche del tempo: lauro, olivo, mirto, oleandro, cipresso, platano, palme, melograni, meli, altri alberi da frutta e addirittura limoni. Fra le essenze aromatiche si ricorda l’anice, la lavanda, il timo, il rosmarino. Le piante da fiore erano per lo più rose e altre essenze scelte fra quelle che crescevano spontaneamente: il garofano selvatico, la margherita, la viola, il papavero e la pervinca. Erano prevalenti le piante sempreverdi in modo che si potesse giocare con le diverse tonalità e che si potesse dare determinate forme agli alberi e ai cespugli tramite l’ars topiaria, la tecnica dello scolpire fattezze nel verde tramite una sapiente potatura.
(Antonello Marchese)
* Guida ufficiale del Parco Nazionale Arcipelago Toscano e Fotografo Naturalistico. Collabora con la Fondazione da anni. Socio di Italia Nostra Arcipelago Toscano.